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Orfani di femminicidio: uno su 3 ha visto la madre morire, più casi al Sud

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AGI – Chi resta accanto agli orfani di femminicidio? Chi si occuperà di loro e dei traumi che hanno subito tenendo conto che nel 36% dei casi, questi ragazzi o bambini erano presenti all’uccisione della mamma? A porre a centro dell’attenzione questo tema, è l’associazione ‘Con i Bambini’ che ha presentato dati sugli orfani del femminicidio anche se non ci sono stime ufficiali su quanti siano in Italia.

L’associazione, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, ha avviato “A braccia aperte”, la prima iniziativa di sistema in loro favore e a supporto delle famiglie affidatarie. In gergo vengono definiti “orfani speciali” perchè la perdita di uno dei genitori è avvenuta per mano di un coniuge.

Ma sono doppiamente orfani, perchè la perdita della madre per mano del padre significa anche che l’altro genitore non ha più contatti con i figli e questi divenuti maggiorenni e consapevoli dell’accaduto quasi sempre non vogliono più vederli.

Sono 157 gli orfani presi in carico dai quattro progetti finanziati dal “Con i Bambini”. Questo dato è variabile perchè altri 260 in tutta Italia sono stati già agganciati dai partenariati gestori, e a breve inizieranno anch’essi un percorso di sostegno e accompagnamento con le loro famiglie. 

Il progetto Orphan of Femicide Invisible Victim segue il Nord Est, mentre nel Nord Ovest opera il progetto S.O.S. – Sostegno Orfani Speciali. Nel Centro Italia è invece attivo il progetto Airone, al Sud c’è Respiro – Rete di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza con gli orfani speciali. La percentuale più alta di orfani accompagnati riguarda il Sud, al momento (ottobre 2023) ci sono 100 orfani presi in carico grazie al progetto Respiro.

Ma il dato è fortemente in crescita. Per il 74 per cento dei beneficiari l’età di ingresso nel progetto è tra i 7-17 anni, per il 17% l’età è compresa tra 18-21 anni e per il rimanente 8% l’età è inferiore a 6 anni. Di questi, il 56% sono di sesso maschile e il 43% femminile (1% non specificato). Il 95% dei beneficiari presi in carico ha la cittadinanza italiana, solo il 5% ha cittadinanza di altri paesi UE o extra-UE.

Nel 36 per cento dei casi i bambini erano presenti al momento dell’evento. Questo elemento ha conseguenze che condizioneranno ancor più pesantemente per gran parte della vita. Nei casi di femminicidio presi in carico dai progetti di “Con i Bambini” tre bambini le cui madri sono state vittime di femminicidio nel 2015 e nel 2017, al momento della presa in carico da parte del progetto non erano ancora stati resi consapevoli o a conoscenza della verita’ rispetto all’evento.

In altri 7 casi di femminicidi avvenuti tra il 2016 e il 2022 i bambini risultano essere solo in parte a conoscenza e consapevoli della verità. In numerosi casi è stato grazie al supporto del progetto che le famiglie affidatarie hanno accettato di raccontare la verità rispetto all’accaduto.

Il 13% degli orfani presenta forme di disabilità (precedenti al trauma); tra le più comuni vi sono disabilità intellettive e relazionali e un ulteriore 8% presenta Bisogni Educativi Speciali (BES), disturbi evolutivi specifici o disturbi psichici. Il 42% oggi vive in famiglia affidataria, il 10% vive in comunità e il 10% con una coppia convivente.

Solo il 5% è stato dato in adozione e vive con una famiglia adottiva. L’83% delle famiglie dei beneficiari arriva a fine mese con grande difficoltà, spesso per la necessità di circondarsi di professionisti e specialisti per supportarli con i bambini, come emerso dalle interviste ai caregiver, ovvero di chi si prende cura del minore.

Ciò nonostante, gli spazi in cui la famiglia vive risultano essere adeguati ai bisogni dei domiciliati nella gran parte dei casi. I nuclei familiari includono in media tra i 3 e i 5 componenti compresi i bambini. La condizione socio economica degli orfani e delle famiglie affidatarie è un altro elemento discriminante per la crescita di bambini e ragazzi che hanno subito un trauma così forte.

ll 52 per cento riceve misure di sostegno al reddito: il 6 per cento reddito di cittadinanza, il 45% altre misure. L’impossibilità ad accedere agli strumenti a loro tutela, o avere le stesse opportunità degli altri ragazzi non fa altro che acuire ancora di più il discrimine che sono costretti a subire anche per il loro futuro.

Il 15 per cento di loro dichiara di avere un reddito annuale inferiore a 12 mila euro, l’8 per cento superiore, mentre per il 77 per cento l’informazione non è nota. La realtà dei cosiddetti orfani di femminicidio è tanto complessa quanto ancora sommersa.

Gran parte dei nuclei familiari ovvero il 65% non era in carico ai servizi sociali prima dell’evento, nonostante la presenza di elementi di vulnerabilita’. Fatta eccezione per 25 casi cioè il 35% dei beneficiari, in cui il nucleo familiare di origine non presentava elementi di vulnerabilità, in tutti gli altri casi, si riscontrano elementi di vulnerabilità che rendono ancora più complessa la gestione delle dinamiche familiari.

Tra questi i più comuni sono la presenza di familiari con dipendenze da sostanze o altro, e di familiari con provvedimenti giudiziari prevalentemente di natura penale. Allarmanti sono i dati relativi ad ulteriori elementi che possono rappresentare eventuali traumi o eventi stressanti antecedenti al crimine domestico. Questi includono soprattutto la violenza assistita: fisica, psicologica, sessuale, indicando che numerosi sono i fattori e i campanelli di allarme che è urgente riuscire a cogliere come predittivi della violenza. In particolare, la violenza assistita psicologica è stata segnalata in 50 casi su 70.

“La tragedia dei femminicidi purtroppo non finisce – ricorda Marco Rossi Doria presidente di Con i Bambini -. Siamo tutti colpiti da questa condizione terribile. Centinaia di bambini e ragazzi vivono una situazione difficile, fortemente traumatica: la mamma viene uccisa spesso davanti ai loro occhi dal padre, che finirà i suoi giorni in prigione o si suiciderà come spesso accade”.

“I bambini – spiega ancora Rossi Doria – sono orfani due volte, perdono madre e padre in un solo momento anche perchè chi resta in carcere difficilmente vede i propri figli. A crescere gli orfani di femminicidio sono i parenti di prossimità: nonni, zii, che però, nei fatti, non godono ancora, purtroppo, di costanti azioni di prossimità che le politiche pubbliche si ripromettono da tempo di attuare e vengono lasciati soli ad affrontare un dramma così grande che ha bisogno di un’attenzione specializzata, così come di supporto burocratico, economico, organizzativo, legale, ecc.. E poi – conclude – c’è la vita che deve ricominciare: gli studi, il lavoro e la necessita’ di curare la ferita profonda che è dentro di sè”.

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