AGI – Poco più di un anno dopo la scomparsa di Letizia Battaglia, due ampli spazi recuperati e restaurati all’interno delle terme di Caracalla ospitano dal 27 maggio al 27 novembre decine di immagini in bianco e nero della grande fotografa siciliana. Nota soprattutto per le crude immagini della carneficina della mafia a Palermo negli anni ’80, Battaglia ha avuto una lunghissima carriera: il primo dei 92 scatti esposti a Roma risale al 1971 e l’ultimo al 2020; oltre alle terribili immagini delle morti e dei lutti mafiosi, in mostra ci sono i contrasti della società siciliana: le feste nei castelli dell’aristocrazia e i giochi nei vicoli dei bambini delle famiglie più povere.
“Consiglio di fotografare tutto da molto vicino, a distanza di un cazzotto o di una carezza”, diceva Letizia Battaglia, un’autodidatta, come raccontano i bei cartelloni illustrativi alle Terme di Caracalla. Vi si legge anche della scelta che la fotografa fece dopo le stragi di mafia del 1992: basta Palermo, basta foto di morte e disperazione. L’ultimo scatto di quella stagione è il ritratto della vedova dell’agente della scorta di Giovanni Falcone, Vito Schifani, la giovanissima donna che 31 anni fa, durante il funerale delle vittime, commosse il mondo intero con il suo grido accorato rivolto agli assassini di Capaci.
Il titolo della mostra è “Letizia Battaglia Senza fine”. Promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma diretta da Daniela Porro, con l’intento di commemorare il trentesimo anniversario degli attentati a San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, è stata organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti, ed è curata da Paolo Falcone.
“Questo nuovo progetto mantiene la tradizione di comporre un’opera unica, atematica, atemporale e priva di gerarchie dove fotografie iconiche, appunti di viaggio, vita quotidiana costruiscono una narrazione aperta per conoscere e scoprire i tanti aspetti di Letizia Battaglia – ha spiegato il curatore – È una costellazione di fotografie dove amore e dolore, dolcezza e dramma, passione e impegno, raccontano momenti della nostra storia”. L’allestimento è ispirato ai cavalletti che l’architetta italo-brasiliana Lina Bo Bardi realizzò a San Paolo oltre 50 anni fa: le fotografie in grande formato sono sistemate su espositori in cristallo temperato che ne mostrano due, davanti e dietro, e sono distribuite nell’ampio spazio dei due ambienti delle Terme per la prima volta aperte al pubblico.
“La Soprintendenza ha ripristinato un ingresso originale alla palestra occidentale e nell’altra sala, con la vasca, individuato il sistema di riscaldamento e un lacerto di mosaico geometrico”, ha spiegato la direttrice delle Terme Mirella Serlorenzi.