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Sgarbi nella ‘bufera’ per le consulenze. Sangiuliano: “Devo rimediare ai suoi guai”

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AGI – E’ di nuovo ‘bufera’ su Vittorio Sgarbi: dopo le polemiche di luglio legate a sue dichiarazioni finite nel mirino come sessiste e sopra le righe in occasione di un evento al Maxxi, il sottosegretario alla Cultura è nell’occhio del ciclone questa volta per l’accusa di avere percepito denaro in violazione di una norma che riguarda i componenti di governo.

A scriverne è il Fatto Quotidiano che ha parlato di 300mila euro in consulenze, presentazioni e mostre, emolumenti incassati dall’inizio, ancorchè riscossi anche attraverso società intestate a un suo collaboratore o alla fidanzata del sottosegretario. 

Compensi incompatibili, fa rilevare l’inchiesta giornalistica, con la carica, in base a quanto disposto dell’articolo 2 della legge 215/2004: “Il titolare di cariche di governo non può esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse alla carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici e privati”. 

“Se ho guadagnato 300mila euro in 9 mesi? Non lo so, forse è una cifra sottostimata, spero che siano molti di più”, ha risposto sempre sui giornali lo stesso Sgarbi. 

“La mia attività non è vietata dalla legge. Sono come un ministro che scrive libri”, ha aggiunto, sostenendo di avere una lettera dell’Anac che giustifica le sue “attività divulgative”. 

Le “illazioni” della stampa per Sgarbi “nascono dalle denunce di un mio collaboratore con lettere anonime. Ma sono infondate. E comunque non prendo una lira dal ministero per le missioni”. 

Anche a fronte di nuove indiscrezioni di stampa, è il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che già a luglio aveva riferito al Parlamento, a prendere le distanze, sempre dalle colonne dello stesso quotidiano, dal ‘suo’ sottosegretario. 

“Non sapevo nulla delle consulenze. Ho già avvertito Meloni. Del resto – ha puntualizzato il ministro – non l’ho voluto io. Cerco di tenerlo a distanza e di rimediare ai suoi guai”. 

Sgarbi, che definisce “falsa” l’intervista di Sangiuliano, non ha alcuna intenzione di mollare: c’è la possibilità che si dimetta? “Nessuna”, ha risposto ad Affaritaliani.it, rivendicando, tra l’altro, che “ogni libera prestazione, conferenza, spettacolo, deve essere pagata”. 

Sul ‘contenzioso’ in atto, è intervenuta l’opposizione. “Il Partito democratico si associa alla richiesta di informativa in aula del ministro Sangiuliano – ha commentato la deputata dem Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura -. Questa mattina siamo rimasti abbastanza stupiti, leggendo le dichiarazioni del ministro che sostanzialmente ha scaricato sulle spalle della presidente del Consiglio, la soluzione dell’affaire Sgarbi. Quello che vogliamo evidenziare è la gravissima inopportunità rispetto al ruolo di un rappresentante delle istituzioni”. 

La procura di Roma, al momento, non ha avviato alcuna inchiesta per questa storia delle consulenze. A piazzale Clodio è, invece, ancora aperto, ma è alle battute finali, il procedimento che vede indagato il critico d’arte per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Una vicenda che riguarda l’acquisto di un quadro ad un’asta e che risale all’ottobre del 2020.

Seconda l’accusa Sgarbi non ha pagato i debiti con l’Agenzia delle Entrate per un totale di circa 715 mila euro. A luglio il sottosegretario ha ricevuto l’elezione di domicilio, ma non è stato ancora ascoltato dai pm. 

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Saranno pubblicate migliaia di pagine inedite di Salinger

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AGI – Lo scrittore americano J.D. Salinger, autore de “Il giovane Holden” ha lasciato alla sua morte nel 2010 migliaia di pagine inedite che saranno pubblicate quando suo figlio ed esecutore testamentario, Matt Salinger, finirà il lavoro di trascrizione.

Era il 1963 quando J.D Salinger, nato a New York nel 1919, pubblicò l’ultimo dei suoi libri, “Sollevate l’architrave, carpentieri / Seymour: un’introduzione”, e da allora, 60 anni fa, ha pubblicato solo una storia sulla rivista New Yorker.

Il cosiddetto “blackout Salinger” fu un silenzio che divenne una delle leggende letterarie più intriganti, quella dello scrittore che aveva deciso di rinunciare a pubblicare, alla fama, alle interviste e alle apparizioni pubbliche, e di ritirarsi per il resto della sua vita.

Ma non smise mai di scrivere e, quando morì, disse al figlio “molto chiaramente”: “Pubblica tutto, anche ciò che era brutto. Sebbene in quelle pagine ci sia più bellezza che bruttezza”, ha detto Matt Salinger in un incontro con i giornalisti a Madrid.

Matt Salinger, che insieme alla vedova del padre gestisce la sua eredità letteraria, è in Spagna per una serie di incontri per il 70esimo anniversario della pubblicazione del primo volume di racconti del padre – “I nove racconti”, che contiene il famoso “Una giornata perfetta per i pesci banana”.

Il lavoro di trascrizione andrà avanti ancora per un anno e mezzo o due ha detto Matt Salinger. Il Salinger che il lettore troverà nei suoi inediti è lo stesso del resto della sua opera, poiché “seguì sempre la ricerca dei valori dell’arte, della bellezza, della gentilezza, con un senso di umorismo particolare”, ha precisato il figlio, avvertendo però che “ci saranno delle sorprese”. 

Matt Salinger ha anche ricordato che l’aver preso parte alla Seconda Guerra Mondiale e alla liberazione dei campi di concentramento nazisti hanno influenzato la scrittura del padre e gli abbiano fatto apprezzare ancora di più la bellezza, l’amore e ciò che di effimero c’è nella natura. 

Ma anche che suo padre mantenne vivo per tutta la vita il conflitto sulla decisione se continuare o meno a pubblicare, un impegno che, temeva, avrebbe portato via tempo alla scrittura.

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Al via un restauro lungo 14 anni, Il Museo di Pergamo di Berlino riaprirà nel 2037

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AGI – Per un restauro che durerà ben 14 anni, ha chiuso le porte il Museo di Pergamo, il più visitato a Berlino, la cui riapertura è prevista non prima del 2037. Si tratta di lavori vitali per il polo museale che ospita tesori archeologici spettacolari, come la Porta babilonese di Ishtar che ha 2600 anni.

L’intervento dovrà rafforzare le fondamenta pesantemente danneggiate dal peso fisico delle collezioni e dal tempo, in quanto il museo è costruito sul letto di un fiume dell’era glaciale. L’usura dell’edificio e i danni permanenti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale hanno causato perdite d’acqua durante le ultime piogge.

“E’ un intervento urgente. L’edificio è in pessime condizioni e sta crollando“, ha spiegato Barbara Helwing, direttrice del Museo del Vicino Oriente antico dei Musei statali di Berlino. Si tratta quindi di un’impresa titanica dal costo stimato in quasi 1,5 miliardi di euro per proteggere le preziose collezioni e garantire la sicurezza dei visitatori.

L’ala nord del museo era già stata chiusa per lavori di ristrutturazione nel 2012 e l’altare di Pergamo è già nascosto dietro le impalcature dal 2014. Se tutto andrà secondo i piani, questa sarà la prima parte del museo che potrà essere nuovamente visitata nel 2027.

Migliaia di oggetti – sculture, urne, tappeti – saranno immagazzinati nei depositi, mentre una piccola parte verrà prestata ad altri enti. Grandi monumenti, come la Porta babilonese di Ishtar, protetti da una copertura, rimarranno invece al loro posto durante i lavori. 

Le critiche ai lavori programmati non mancano, in particolare sui costi esorbitanti della ristrutturazione e sul fatto che non sarà un museo ecologico, ad eccezione di qualche pannello solare.

“Quando sarà completamente ristrutturato nel 2037, il Pergamon Museum sarà, in termini di tecnologia climatica ed energia, un edificio del passato alimentato da combustibili fossili”, ha sottolineato sul settimanale tedesco Die Zeit il critico di architettura, Nikolaus Bernau.

Altro problema in prospettiva: la possibile richiesta di restituzione di alcune opere, mentre sempre più istituzioni occidentali riconsegnano beni culturali ai Paesi di provenienza, in Africa e Asia. Sul quotidiano tedesco Tagesspiegel, l’archeologa del Ministero della Cultura turco, Zeynep Boz, si è chiesta se la Germania avesse davvero il diritto di possedere l’altare di Pergamo, pertanto durante i lavori di ristrutturazione proseguiranno le ricerche sulla provenienza delle collezioni del museo.

Inaugurato nel 1930, il Pergamon Museum attira più di un milione di visitatori all’anno quando tutte le mostre sono accessibili. Negli ultimi mesi l’annuncio di questa profonda ristrutturazione ha attirato berlinesi e turisti desiderosi di dare un’ultima occhiata ai capolavori ospitati.

Dopo aver scoperto le rovine dell’altare romano di Pergamo nell’attuale Turchia, tra il 1878 e il 1886, gli archeologi tedeschi le trasferirono a Berlino, in base a un accordo tra la Germania e l’Impero Ottomano. La ricostruzione di questo altare durò fino al 1902. Il Museo di Pergamo, la cui architettura ricorda un antico tempio, fu a suo tempo appositamente progettato per esporre e mettere in risalto in particolare questo altare e la Porta babilonese di Ishtar. 

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Biglietto nominativo al Colosseo, Sangiuliano pensa di estenderlo

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AGI – I biglietti nominativi per il Colosseo stanno dando un riscontro “positivo“. A dirlo è il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, a margine di un convegno a Nocera Superiore.

“Abbiamo organizzato tutto in pochissimo tempo perché abbiamo ereditato una situazione disastrosa di contenziosi, di gineprai legali. Per esempio, c’era un concessionario che da vent’anni, senza gara, veniva prorogato. Per il Colosseo sta andando bene, e laddove è necessario potrebbe anche essere replicato”, conclude Sangiuliano. 

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Zubin Mehta è morto, anzi no. Chi è il ‘bufalaro’ che ha diffuso la notizia

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AGI – Un lavoro ‘di fino’ iniziato addirittura a maggio scorso, con l’apertura di un account (fasullo) a nome dell’ufficio stampa della Filarmonica di Los Angeles. Qualche post, alcuni retweet e poi il colpo: l’annuncio della morte di Zubin Mehta.

Seguito dopo circa tre ore da una dicitura ormai diventata familiare nel mondo dei ‘bufalari’ e delle loro vittime: “Questo è un account falso creato da Tommaso Debenedetti”. ‘Ancora lui’ hanno sospirato quelli che da più di una decina d’anni ormai si destreggiano nel campo minato delle fake disseminate da Debenedetti.

‘Ancora lui’ deve aver sospirato chi per anni ha dato credito a interviste totalmente inventate a personaggi di caratura spacciate a giornali di medio cabotaggio. Ma chi è Tommaso Debenedetti e perchè da nipote di un celebratissimo critico letterario e figlio di apprezzato giornalista è finito a fare lo spacciatore di bufale?

La panzana come forma d’arte, si potrebbe dire. Volendo si potrebbe addirittura citare il piè illustre dei precedenti, la ‘Guerra dei mondi’ di Orson Welles diffusa via radio in un’America incredula. Ma qui siamo in tutt’altra sfera e la storia di Debenedetti la illustra bene.

A smascherarlo, nell’aprile del 2010, fu un’intervista a Philip Roth in cui una giornalista chiedeva allo scrittore di approfondire un discorso sul disincanto dell’America nei confronti di Barack Obama di cui aveva parlato in un’intervista a un altro quotidiano.

Ma Roth, orripilato, smentiva di aver mai detto quelle cose e di aver mai rilasciato un’intervista a quel giornale. Alla faccenda si appassionò il New Yorker che, si sa, non molla l’osso facilmente e scopriì che oltre ad aver inventato di sana pianta l’intervista a Roth, Debenedetti aveva fatto lo stesso con John Le Carrè, Gore Vidal, Herta Mueller e David Grossman. Fine carriera. Almeno quella di (pseudo) intervistatore.

Ma iniziò di quella di ‘bufalaro’ di professione, agevolata dalla diffusione dei social network e dalla facilità di creare falsi profili. Uno dei colpi più clamorosi risale al 2018 quando fece dire, attraverso un account fake, al ministro della cultura greco che era morto Costa Gavras, finchè non fu il regista in persona a smentire la notizia in diretta tv, dopo che l’Associated Press e poi molti media internazionali l’avevano ripresa.

Come avrebbe amato dire Mark Twain, “spiacente di deludervi, ma la notizia della mia morte è grossolanamente esagerata”. Salvo scoprire che anche questa citazione è un fake. 

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Il “nemico” che salvò Pietro Nenni dall’arresto 

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AGI – Marzo 1942. La Francia è spaccata a metà da due anni: il nord e Parigi sono occupati direttamente dalla Germania nazista; nel centro-sud è stato instaurato il regime di Vichy, libero solo sulla carta.

L’ex segretario del Psi, Pietro Nenni, si è rifugiato in un piccolo paese sui Pirenei francesi, sperando di non essere notato. Anche se si trova in una zona della Francia “libera”, infatti, la collaborazione di alcuni elementi del governo di Vichy con il regime nazista è forte. Il suo nome, inoltre, figura in un elenco di elementi antifascisti di cui Mussolini ha chiesto l’estradizione in Italia. 

In quei giorni viene redatta una nota interessante, che contribuisce a salvare Nenni dall’arresto. A scriverla è Angelo Tasca: storico e giornalista di spessore, ma anche un ex comunista, che, iscrittosi al Psi a metà degli anni ’30, era diventato il principale avversario politico di Nenni.

Dopo il crollo della Francia, Tasca aveva deciso di sostenere le autorità di Vichy e questo gli consentiva di intervenire in favore di ex compagni in difficoltà. Il documento, trovato nel Fondo Angelo Tasca conservato alla Fondazione Feltrinelli, è un tentativo di mettere in buona luce Nenni: mette in rilievo, infatti, i particolari che possono “ammorbidire” la posizione delle autorità di Vichy verso il leader socialista.

Quello dell’aiuto di Tasca a Nenni è un piccolo “giallo” storico. Dopo la fine della guerra, la voce era circolata. Il leader socialista non ci ha mai creduto e ha sempre ritenuto Tasca un personaggio ambiguo. 

È certo, però, che l’ex comunista si impegnò per tentare di aiutare alcuni ex compagni di lotta, come ad esempio Giuseppe Faravelli, Giovanni Faraboli e Mario Levi. Questi, liberati dal campo di concentramento del Vernet, gli mandarono un telegramma di ringraziamento il 3 aprile 1942.

L’appunto ritrovato

Nonostante la diffidenza mostrata da Nenni, Tasca si mosse davvero a suo favore. Nel suo libro “In Francia nella bufera”, l’ex comunista ricorda che nella richiesta di estradizione avanzata da Roma, “Nenni era accusato di tramare non so che cosa coi comunisti”.

Così, su consiglio di un funzionario di Vichy, decide di stilare la nota in favore del suo ex avversario politico. Il testo del documento, redatto in francese, recita: “27/3/1942. Pietro Nenni non è mai stato e non è comunista. È un giornalista, che è stato amico di Mussolini.

Nel 1914-1915 guidò, al suo fianco, la campagna a favore dell’intervento dell’Italia in guerra contro gli Imperi Centrali. In Italia fu il direttore del grande quotidiano socialista l’Avanti, che si pubblicava a Milano. Molto conosciuto nell’ambiente giornalistico di Parigi e di Bruxelles, dove è stato corrispondente di diversi giornali.

Lui è stato il segretario del Partito Socialista Italiano. Ha tre figlie (quattro in realtà, ndr), di cui due sono diventate francesi per il loro matrimonio con dei francesi. Egli è anche molto conosciuto negli Stati Uniti, dove si è rifiutato di recarsi nel giugno 1940, malgrado l’invito che egli aveva ricevuto”. 

Vengono messi in evidenza dettagli favorevoli al leader socialista: il fatto che non sia mai stato comunista; la sua vecchia amicizia con Mussolini; che sia molto conosciuto nell’ambiente giornalistico; che abbia rifiutato di fuggire negli Stati Uniti.

Toni molto diversi da quelli che Tasca aveva usato contro Nenni nel pieno del loro scontro politico e che testimoniano come, al di là di conflitti e anche di rancori personali, la solidarietà tra gli esuli spesso era più forte di tutto il resto. 

Comunque, oltre all’intervento di Tasca, Nenni aveva altre carte da giocare: non gli mancavano conoscenze, tra cui quella di Pierre Laval, un ex socialista divenuto uno dei capi più influenti del regime di Vichy. 

Nenni evitò l’arresto per oltre un anno, fino a quando la relativa autonomia della Francia di Vichy dai nazisti si ridusse ulteriormente e quando le pressioni del governo fascista per la sua cattura divennero insostenibili. Arrestato dalla Gestapo, arriva in Italia il 5 aprile 1943 e viene mandato al confino a Ponza. 

Si chiederà per tutta la vita se il suo “amico-nemico” Mussolini fosse intervenuto per toglierlo dalle mani dei nazisti e per spedirlo su un’isola italiana, dove di fatto viene messo agli “arresti domiciliari” ma non rischia la vita. Non troverà mai una risposta certa. Secondo il direttore scientifico della Fondazione Pietro Nenni, Antonio Tedesco, “è plausibile, invece, che il regime non volesse lasciare nelle mani tedesche i “fuoriusciti” italiani di spicco come Nenni.

Mussolini considerava i leader dei partiti antifascisti i peggiori traditori e nemici del regime e riteneva fondamentale “neutralizzarli”, per poi giudicarli dopo la fine della guerra. Era – come sottolineato dallo storico Gaetano Arfè – anche un fatto di orgoglio nazionale: visto che erano italiani, rivendicava al fascismo il compito di punirli”.

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Diodato canta ‘La mia terra’ per il film di Riondino

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AGI – Fantastica coppia Michele Riondino e Diodato, entrambi tarantini, entrambi impegnati per salvare la città dal disastro ambientale creato dall’Ilva. Oggi Riondino porta alla Festa del cinema di Roma il suo film d’esordio da regista, ‘Palazzina Laf’, in cui racconta un aspetto meno noto dell’acciaieria maledetta, quella dell’azienda i cui vertici, primi in Italia, sono stati condannati per mobbing nel 1997 quando questa forma di tortura psicologica non era aveva neppure un nome.

Riondino è attore, sceneggiatore (con Maurizio Braucci) e regista, mentre Diodato è autore della canzone che si sente mentre scorrono i titoli di coda con le immagini vere dei protagonisti di quella stagione all’Ilva, ‘La mia terra’ (Music Union Srl – Gli Alberi Srl – Carosello Records). In conferenza stampa il cantautore pugliese ha accennato al brano.

Un testo che, ha spiegato Riondino, “ho voluto lasciare alla fine come una sorta di epilogo di questo film. ‘La mia terra’ – ha detto il regista – è una dichiarazione d’amore per Taranto e doveva essere accompagnata da immagini reali, vere e mostrare il passaggio dal 1997 a oggi. Il suo pezzo è per oggi”.

In mattinata, durante un incontro ristretto con i giornalisti, Diodato stesso aveva spiegato: “Con Michele siamo fratelli da alcuni anni, per una sorta di destino che ci lega alla nostra terra. Quando ho saputo che stava lavorando al suo primo film da regista – ha detto – mi sono permesso di proporgli una collaborazione perché sentivo che poteva essere un bel modo per raccontare insieme qualcosa.

‘La mia terra’ è una canzone che parte dal mito della fondazione di Taranto, dal re dei Parteni che viene esiliato da Sparta a cui l’oracolo dice: troverai la tua terra quando vedrai piovere col cielo sereno. Arrivato dopo tanto peregrinare nel porto di Taranto – ha spiegato – il re si addormenta sulle gambe della moglie e questa, ripensando a tutto quello che avevano passato, inizia a piangere. Lui quindi si risveglia con queste lacrime che confonde con la pioggia e, guardando il cielo sereno, pensa di aver trovato la sua terra. Queste lacrime a ciel sereno – ha detto ancora Diodato – è un po’ come se ci avessero segnato. È il destino a cui sembriamo essere condannati noi tarantini. Ma da qualche anno nella nostra città c’è una sorta di rivoluzione e deve molto all’impegno di Michele. E in questa canzone volevo unire i due mondi – ha spiegato ancora – il mito della fondazione e ciò che è accaduto e continua ad accadere a Taranto. Nella canzone ripeto più volte la parola amore perché è basata su quello, sull’amore per una terra che è stata contaminata da scelte scellerate fatte in passato. Ma chi la ama – ha concluso – conserva in sé la speranza per un futuro migliore per cui però bisogna lottare”. 

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Zucchero a Roma Cinema. “Sono un uomo tribolato ma resto genuino”

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AGI – “Non volevo qualcosa di celebrativo ma un’opera che mi rappresentasse, per quello che sono”. Zucchero Fornaciari alla festa del cinema di Roma per la presentazione del suo omonimo docu-film svela se stesso e parla delle sue ‘tribolazioni’, del suo essere come persona. Eppure, guardando le immagini, ascoltando i commenti di Bono Vox, Francesco De Gregori, Sting e tanti altri, non si può che rimanere piacevolmente affascinati da quanta incredibile strada abbia fatto questo musicista, divenuta una rock star internazionale, un blues man appassionato della sua arte che ha suonato con tutti i grandi fra i grandi della musica rock e vanta amicizie speciali, come quella con Luciano Pavarotti.

“È vero quello che dice De Gregori nel film – spiega Zucchero in conferenza stampa – io sono una persona ‘tribolata’ ed è forse anche per questo che esce fuori la mia vocazione per il blues. Sono una persona che è stata sradicata da piccola, andando via dalla provincia di Reggio Emilia per finire in Versilia a 11 anni, dove non mi sono ambientato mai. È stato uno sradicamento anche da mia nonna Diamante che mi ha fatto soffrire – aggiunge – ed è finita che non mi sono mai sentito veramente a casa. Quindi in me ci sono effettivamente pensieri malinconici e questo spiega anche la mia passione per il blues”.

Malinconia che, aggiunge il cantante, “è bella, non necessariamente negativa. Basta che non si trasformi in depressione. In questo film c’è la provincia emiliana, il mio piccolo mondo che era fatto della mentalità contadina – spiega – al paese c’era il prete detto ‘tagliatella’ perché pasciuto, la cooperativa del Partito comunista e la chiesa. E io sono cresciuto suonando l’organo della chiesa, dove suonavo anche altra musica e in cambio facevo il chierichetto”.

Ed ecco il ricordo di Luciano Pavarotti: “Ho avuto la fortuna di essere suo amico – racconta – con lui ho fatto ‘Miserere’. Era una persona genuina. Quando ci vedevamo ci parlavamo in dialetto. Per me è stato un faro. Genuino pur essendo planetario, era legato alle sue radici, quando andava a casa giocava a briscola. Lui e io, genuini – aggiunge – per me la genuinità e alla base di tutto: puoi essere Gesù, ma la cosa che mi sta a cuore è capire e sentire la genuinità un una persona. Quando sei fuori dal palco o dalle scene devi essere te stesso”.

Tanta strada fatta dentro una storia incredibile: “Ci ho pensato spesso a questa cosa – ammette Zucchero – ho pensato a quanta gente e quante rockstar ho incontrato e mi emoziona tutto questo. Devo dire che le testimonianze dei colleghi che parlano di me nel film sono state anche troppo generose. Sono apparsi vogliosi di parlare di me e delle mie storie e quando ho visto il film finito mi sono chiesto: ma come ho fatto? Ci vuole costanza e tenacia – aggiunge – ma nel mio caso, la tenacia è stata un’esigenza. Parti dicendo che vuoi fare il musicista e vivere in modo decoroso, sufficiente, inizi cosiì ma poi mai avrei pensato a fare tutto questo”.

In effetti, ricorda ancora il bluesman, “i primi tempi sono stati molto duri. Tornavo a casa sconfitto. Le ho provate tutte fino a quando non è arrivato ‘Donne’ che poi si è classificato penultimo al Festival di Sanremo ma stato un successo. C’è stato talento ma anche una componente di fortuna: in un momento della mia vita, quando ero depresso, sono capitate le cose più incredibili – ricorda ancora – mi chiamò Sting e scrissi ‘Miserere’: le cose belle sono capitate quando stavo male. Quindi ero tribolato, ma ora va meglio”.

Nel 2024 Zucchero tornerà live negli stadi partendo a marzo per l’Europa, poi una parentesi in Italia e di nuovo in giro fino al Sud America. “Io non ho mai seguito le regole del musicista, album e poi concerto. Io prendo spunto da Eric Clapton e da B.B. King, gente che va e suona sempre, soprattutto ora che la discografia soffre molto. Io seguo mio istinto e metto il cantare d’avanti”, conclude. 

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Alla Festa del Cinema di Roma, Zucchero e Juliette Binoche

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AGI – Oggi la Festa del cinema di Roma per la sua quarta giornata propone come evento clou l’anteprima del film documentario ‘Zucchero – Sugar Fornaciari‘ di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano per cui è atteso sul red carpet alle 19.30 lo stesso artista.

Passando all’aspetto più prettamente cinematografico, a Roma arriva Juliette Binoche ospite della Festa per presentare ‘La Passion de Dodin Bouffant’ di Trn Anh Hu’ng, premio per la migliore regia al Festival di Cannes 2023. Altro film atteso alla Festa è ‘Palazzina Laf’, esordio alla regia di Michele Riondino: il film, interpretato tra gli altri da Elio Germano, porta sul grande schermo il primo caso di mobbing in Italia.

Il regista britannico Jonathan Glazer sarà poi protagonista di una masterclass con il pubblico. La sezione Storia del Cinema ospiterà infine l’anteprima mondiale di ‘Callas, Paris, 1958’, introdotto dal regista Tom Volf e ‘Profondo Argento’ di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa: sul palco, accanto ai due autori, Dario Argento e Luciano Tovoli.

Il film documentario ‘Zucchero – Sugar Fornaciari’ di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, presentato in anteprima nella sezione Proiezioni Speciali alle ore 21.30 nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, racconta lo straordinario artista attraverso le sue parole e quelle di colleghi e amici come Bono, Sting, Brian May, Paul Young, Andrea Bocelli, Salmo, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Roberto Baggio, Jack Savoretti, Don Was, Randy Jackson e Corrado Rustici.

Un viaggio dell’anima che, grazie a immagini provenienti dagli archivi privati di Zucchero e dal “World Wild Tour”, il suo ultimo e trionfale tour mondiale, va oltre il ritratto di un musicista di successo arrivando fin dentro i dubbi e le fragilità dell’uomo. Zucchero sarà sul red carpet della Festa alle ore 20.45.

Due i titoli della sezione Grand Public in programma nella Sala Petrassi. Alle ore 19 la proiezione di ‘Palazzina Laf’, esordio alla regia di Michele Riondino. ‘Laf’ è acronimo di ‘Laminatoio a freddo’: la ‘Laf’ era la palazzina nella quale, negli anni ’90, i proprietari e i dirigenti dell’Ilva di Taranto decisero di confinare gli impiegati che si erano opposti alla “novazione” del contratto, cioè al declassamento a operai.

Non potevano licenziarli, perciò li sbattevano alla ‘Laf’, a non fare niente. Alle ore 21.15 il pubblico potrà assistere a ‘Fingernails’ di Christos Nikou. In un futuro inquietante, Anna e il suo compagno Ryan hanno realizzato il sogno di ogni coppia: sono in possesso di un documento che certifica il loro vero amore. Ma questo è solo l’inizio della loro ricerca. Per il suo debutto in lingua inglese, il regista greco torna con un racconto tragicomico e distopico sui sentimenti umani con Jessie Buckley, Riz Ahmed e Jeremy Allen White.

Alle ore 18.30, per la sezione Best of 2023, la Sala Sinopoli ospiterà la proiezione di ‘La Passion de Dodin Bouffant’ di Trn Anh Hung, premio per la migliore regia al Festival di Cannes 2023. L’autore vietnamita naturalizzato francese di ‘Il profumo della papaya verde’, ‘Cyclo’ e ‘Norwegian Wood’ traduce la passione carnale e spirituale che la cucina induce in una sinuosa partecipazione ai riti della coppia Juliette Binoche e Benoit Magimel.

Storia di cucina e storia d’amore, anche amore per la Francia, la sua cultura, la sua campagna, i suoi colori, i suoi pittori. Juliette Binoche sarà sul red carpet alle ore 17.45. Alle ore 17 nella Sala Petrassi il pubblico potrà assistere alla masterclass che vedrà protagonista Jonathan Glazer: dopo aver lavorato ai video musicali di alcuni straordinari artisti come Massive Attack,

Radiohead e Jamiroquai, il regista è approdato al grande schermo con titoli come ‘Birth – Io sono Sean’ e ‘Under the Skin’. Glazer e’ alla Festa del Cinema con il suo nuovo film, ‘The Zone of Interest’, Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2023. Al MAXXI, per il secondo anno consecutivo, si terranno i ‘Dialoghi sul futuro del cinema’, promossi da Fondazione Cinema per Roma e Anica, in collaborazione con Cinecitta’ Spa e Siae.

La serie di ‘Dialoghi’ in sette episodi è programmata tra il 19 e il 26 ottobre alle ore 15.30: un appuntamento quotidiano, con eccezione della domenica, aperto al pubblico e ai media, fino a esaurimento posti, consolidando il formato snello e lineare sperimentato nel 2022.

Il titolo del convegno di oggi, sabato 21 ottobre, sarà ‘Può esistere un cinema italiano capace di conquistare il pubblico italiano ed europeo? Il punto di vista delle attrici e registe’. Gli interventi saranno a cura di Valeria Bruni Tedeschi, Paola Cortellesi, Ginevra Elkann, Valeria Golino, Kasja Smutniak e Jasmine Trinca. Coordina Piera Detassis.

Fino al 29 ottobre, la Casa del Cinema ospiterà l’ampio programma della sezione Storia del Cinema. Giuliano Montaldo, a cui è dedicata la diciottesima edizione della Festa, sarà ricordato in un incontro a ingresso gratuito che si terra’ alle ore 15 nella Sala Cinecittà, realizzato in collaborazione con la famiglia Montaldo.

Alle ore 17 in Sala Cinecittà, nell’ambito dell’omaggio a Maria Callas, sarà presentato ‘Medea’ di Pier Paolo Pasolini. Nel film, come nell’opera, Maria Callas è anima e corpo di Medea, vive, si illude, soffre, giunge fino al più orrendo degli omicidi. Però non canta, parla: questo restauro ci farà ascoltare la vera voce di Maria Callas, che per Pasolini aveva recitato in italiano.

Il film uscì invece con la voce di Rita Savagnone: il produttore Franco Rossellini fece pressione sul regista perché per il circuito italiano facesse doppiare la Callas, temendo che la sua inflessione “straniera” risultasse sgradita al pubblico. Pasolini accetto’ ma ottenne che fosse mantenuta la voce originale del soprano per le edizioni estere.

L’omaggio si chiuderà alle ore 19.30 (Sala Cinecitta’) con un evento straordinario, l’anteprima mondiale di ‘Callas, Paris, 1958‘ di Tom Volf. Nel dicembre del 1958 Maria Callas esordiva all’Opera di Parigi in un concerto che si prevedeva leggendario e si rivelò uno degli eventi musicali del secolo. Quella serata fu ripresa e trasmessa in diretta in tutta Europa.

Il film, grazie al ritrovamento delle pellicole originali, porta il pubblico nel cuore di quell’evento, proponendo immagini restaurate in 4K HD e rielaborate a colori da Composite Films, che ha lavorato con le bobine originali della Callas Foundation basandosi su foto a colori dell’evento. Il suono è stato restaurato attingendo direttamente dagli archivi personali di Maria Callas.

Il mixaggio del suono e la masterizzazione sono stati affidati alle mani esperte dei Miraval Studios. Due, infine, le proiezioni in programma oggi, nell’ambito dell’omaggio a Dario Argento, uno dei registi italiani più acclamati a livello globale e un punto di riferimento imprescindibile per i cineasti di tutto il mondo.

Nel corso della sua carriera, è stato in grado di rielaborare, in modo assolutamente originale, generi cinematografici raramente affrontati dal cinema italiano come il giallo, il thriller e l’horror firmando capolavori come ‘Profondo rosso’ che sarà proiettato sabato 21 ottobre alle ore 23.15 nella Sala Cinecittà.

Il film sarà preceduto alle ore 21.30 dal documentario ‘Profondo Argento’ di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa, un ritratto inedito e profondo del grande regista, ricco di foto e documenti del suo archivio personale, gelosamente custodito. Saranno presenti Dario Argento e il direttore della fotografia Luciano Tovoli. 

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Cultura

Sangiuliano inaugura a Matera una mostra sul futurismo 

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AGI –  “Il Futurismo, movimento che dall’Italia si affermò in tutto il mondo, seppe lasciare tracce a tinte forti anche nel Meridione nel segno di una sfida culturale al rinnovamento e alla creazione di una modernità. Ricostruire i passaggi a Sud di questi visionari delle avanguardie è una delle sfide vinte dagli organizzatori della mostra che hanno centrato innanzitutto l’obiettivo del recupero conoscitivo di questo fenomeno che ha contagiato tutte le discipline artistiche, lasciando un’eredità di pensiero e di creatività ancora attuale” .

Lo ha detto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, a margine dell’inaugurazione a Matera della mostra “Futurismo Italiano. Il contributo del Mezzogiorno agli sviluppi del Movimento”, che sarà visitabile fino al 10 gennaio prossimo. 

Nel Museo nazionale di Matera, a Palazzo Lanfranchi, sono esposti oltre 130 dipinti, sculture, disegni, provenienti da musei pubblici, fondazioni, archivi e collezioni private. Completano il percorso documenti d’archivio editi e inediti provenienti da diverse istituzioni. Dal Museo nazionale Collezione Salce sono giunti alla mostra di Matera ben 25 manifesti futuristi, a conferma della collaborazione tra il Museo nazionale di Matera e la Direzione regionale Musei Veneto intorno al progetto “Futurismi”.

La mostra, ideata da Annamaria Mauro e Daniele Ferrara, curata da Massimo Duranti, è promossa dal Museo nazionale di Matera in collaborazione con la Direzione regionale Musei Veneto e sarà visitabile fino al 10 gennaio prossimo.

“La vocazione del Museo nazionale di Matera come centro di ricerca e memoria della tradizione storica e culturale del Meridione trova piena espressione nella mostra dedicata al Futurismo. L’esposizione focalizza l’apporto degli artisti del Mezzogiorno nella nascita e nello sviluppo di questa importante esperienza artistica del secolo scorso”, ha detto il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, intervenendo all’inaugurazione della mostra. 

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